Roma, 30 marzo 2021

COMUNICATO

Testo delle osservazioni sulla Riforma della Giustizia contenute nel PNRR

Al Presidente

On. Sen, dott. A. Ostellari

Commissione Permanente (Giustizia)

Senato della Repubblica

ROMA

 

Oggetto: Osservazioni della O.S. UILPA a seguito dell’audizione del 9.03.2021 sulla Riforma della Giustizia                         di cui al PNRR

                              

La Pubblica Amministrazione italiana si caratterizza oggi – in negativo – per la fiacca capacità amministrativa e la pressocché diffusa incapacità gestionale.

All’evoluzione riformatrice della PA avviato negli anni 90 per la concomitante azione delle innovatrice prodotta dall’introduzione nell’ordinamento sia del diritto di accesso che dall’impianto normativo delle cd “leggi Bassanini” da un lato, e dalla contrattualizzazione del lavoro pubblico dall’altra, che ha determinato l’introduzione di concrete leve incentivanti dell’azione proattiva dei pubblici dipendenti, hanno fatto seguito – dalla metà degli anni 2000, un lungo periodo in cui l’azione normativa ha determinato la reintroduzione ferrea della mentalità del mero ”adempimento” amministrativo nei rami della Pubblica Amministrazione, quasi a soffocare l’etica introdotta nel decennio precedente, improntata invece all’efficacia ed efficienza nella erogazione di servizi ai cittadini.

In sintesi, tali condizioni, unite al pluridecennale blocco del turno over e, anche in questo caso, congiunte ad un preciso impiego della leva contrattuale mediante una specifica volontà di non rinnovare i contratti del Pubblico impiego - con l’ulteriore effetto di depauperare quasi della metà la capacità reddituale dei lavoratori pubblici - si sono reintrodotti grevi elementi di responsabilità personale, sempre più schiacciata dalla leva dell’azione penale, quasi esclusivamente volti al rispetto della “forma amministrativa” senza alcun riguardo per il conseguimento effettivo dei risultati e per l’attenzione alla qualità dei servizi erogati alla cittadinanza, di nuovo tornato ad essere valore secondario e conseguenziale.

Tale quadro, che spiega i voluti ritardi del settore pubblico, vede la Pubblica Amministrazione italiana ferma a pratiche e mentalità vecchie di un secolo, tuttora ancorate al “controllo” del cittadino, ha rappresentato, di conseguenza, un ostacolo al miglioramento dei servizi offerti e agli investimenti pubblici negli ultimi anni, allontanando gli investimenti privati, sia interni che esteri.

Il PNRR vuole affrontare questa rigidità promuovendo un’ambiziosa agenda di riforme per la Pubblica Amministrazione, a sua volta supportata dalla digitalizzazione dei processi e dei servizi, per irrobustire la capacità gestionale e la fornitura dell’assistenza tecnica necessaria alle amministrazioni centrali e locali, che sono fondamentali per promuovere un utilizzo rapido ed efficiente delle risorse pubbliche. Infatti, una delle condizioni stabilite proprio per l’impiego del PNRR deve essere l’aumento permanente dell’efficienza della Pubblica Amministrazione e della sua capacità di decidere e mettere a punto progetti innovativi, accompagnandoli dalla selezione e progettazione fino alla realizzazione finale.

Tra gli ostacoli agli investimenti nel Paese, quelli che spiccano maggiormente sono la complessità e la lentezza della Giustizia. Tutti gli osservatori interni ed esterni al Paese sono concordi nel definire come questo sia l’aspetto determinante che mina la competitività delle imprese e la propensione a investire nel Paese e la fiducia degli stessi cittadini nella istituzione Giustizia: il suo superamento impone, da tanto tempo, azioni decise per aumentare la trasparenza e la prevedibilità della durata dei procedimenti civili e penali. La lentezza dei processi, seppur ridottasi, è ancora eccessiva e dovrà essere maggiormente contenuta. In questa direzione vanno gli intendimenti di riforma dei riti processuali e dell’ordinamento pure previsti nel PNRR: sin d’ora ed in maniera chiara va, tuttavia, affermato che limitarsi ad intervenire sulla giurisdizione – come pure fatto nel passato, significa non cambiare quella modalità d’intervento passatista, precedentemente stigmatizzata, se non preceduta da un sostanziale cambiamento di prospettiva e, con pari intensità, dal reale potenziamento e dalla concreta, palmare valorizzazione delle risorse umane, accompagnato da una radicale e robusta innovazione delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell’intero sistema giudiziario, ancora oggi ferme al secolo scorso.

Nell’affrontare, quindi, l’analisi degli interventi in materia di Giustizia offerti dal PNRR, dobbiamo convenire in merito alla necessità preventivata dal Piano circa la digitalizzazione e la modernizzazione della PA. Da Troppo tempo, come organizzazione Sindacale del Pubblico Impiego delle Amministrazioni Centrali, invochiamo - tra le altre cose - lo sviluppo di un cloud nazionale e

la effettiva interoperabilità delle banche dati delle PA, come previsto debba avvenire in parallelo e in sinergia con il progetto Europeo GAIA-X, proprio per determinare un percorso di riforma della PA ai diversi livelli di governo, creando una amministrazione capace, competente, semplice e smart, in grado di offrire servizi di qualità ai cittadini e alle imprese e da rendere più competitivo il Sistema-Paese; queste previsioni d’intervento economico e normativo avranno davvero efficacia se consentiranno al cittadino di avere un’unica interfaccia digitale – in luogo delle attuali centinaia estremamente farraginose per utenti e dipendenti - con cui interagire con tutti i rami della Pubblica Amministrazione in maniera semplice, comprensibile, efficace e veloce, al passo cioè con i tempi della società

In questo contesto il PNRR in ambito giudiziario prevede una serie di cambiamenti normo-processuali nella che debbono necessariamente incidere sui quattro codici (unica, sola e concreta riforma a costo zero della Giustizia), allo scopo di accelerare i tempi del giudizio e snellire i procedimenti, prevedendo a tale scopo uno stanziamento di due miliardi di euro a cui si aggiunge la somma di un miliardo e dieci milioni già prevista dalla ultima legge di bilancio. Nel dettaglio, Il Piano nazionale di recupero e resilienza per ridurre i tempi dei processi prevede i seguenti interventi:

  • immissione nell’ufficio per il processo di professionalità tecniche (informatici, ingegneri, ecc) con lo scopo sia di favorire gli interventi di efficientamento sul patrimonio edile giudiziario (prevedendo l’efficientamento e la realizzazione di cittadelle della giustizia in maniera e ecologica e più digitale) che di ausilio all’attività giurisdizionale, oltre che per monitorare i risultati di tali progetti sul territorio nazionale. Sul punto va tuttavia sottolineato come questo organismo, già previsto e deputato proprio a fornire al magistrato un’assistenza qualificata, ancora non si è riusciti neppure ad attivarlo se non in poche realtà del paese, in ragione della gravissima carenza di personale.
  • Innesto, negli uffici per il processo dei tribunali maggiormente gravati da arretrato nel settore civile, di ulteriori magistrati onorari aggregati con il precipuo scopo di coadiuvare il magistrato togato nell’adozione delle decisioni e nella redazione delle sentenze.
  • Assegnazione di magistrati onorari ausiliari in via temporanea e contingente alle sezioni tributarie della Corte di Cassazione allo scopo di abbattere l’arretrato endemico che appesantisce da tempo dette sezioni incidendo negativamente sulla performance di smaltimento di tutta la Corte.
  • Ennesima riforma del processo civile volta a semplificare e razionalizzare il processo di primo e secondo grado, anche attraverso l’avvio dell’impiego del processo telematico anche nei procedimenti davanti al giudice di pace, al tribunale, Corte di Appello e di Cassazione, prevedendo che il deposito dei documenti e degli atti di parte avvenga esclusivamente con modalità telematiche; si prevede inoltre che anche le notifiche potranno essere effettuate telematicamente nel caso in cui il destinatario sia titolare di un indirizzo PEC o un domicilio digitale.
  • Ennesima riforma del processo penale; sempre contemperando il fondamentale diritto alla difesa, questa iniziativa è volta a snellire e semplificare il processo per accelerarne la conclusione, in modo da evitare che si determinino prescrizioni e che i processi abbiano una durata ragionevole.

Le linee d’indirizzo dell’attività riformatrice del meccanismo giudiziario sin qui sinteticamente riportate per brevità di trattazione sono, ovviamente, condivisibili, seppure presentino una importante debolezza concettuale di fondo.

Tuttavia, prima di analizzare il fondamento dell’impianto d’azione delineato, in qualità di Sindacato dei Cittadini avvertiamo la necessità di evidenziare anche altre tre possibili interventi.

  1. Tutta la fase istruttoria deve essere resa tra le parti interessate, mediante l’intermediazione dell’avvocatura, al di fuori delle aule d’udienza, allo scopo di pervenire innanzi la giudicante

solo in caso del mancato raggiungimento del componimento bonario. In questo caso, abbattuta la tempistica prodromica al giudizio, il magistrato, acquisita tutta la fase istruttoria, decide sullo stato degli atti, salvo situazioni tali per le quali lo stesso rinvenga l’assoluta necessità di svolgere ulteriori approfondimenti.

  1. Contingentamento e definizione del tempo processuale: nell’attuale dibattito sul tema, sia buona parte della magistratura ed avvocatura, oltre che i cittadini, invocano l’eliminazione del fenomeno dei cd rinvii dilatori: il processo, secondo una sintesi dottrinaria in formazione, soprattutto in campo civile dovrebbe aver una durata di non più di un mese dalla prima udienza, contemperando in quanto limite i rinvii strettamente tecnici e necessari laddove necessiti ulteriore deposito di memorie
  2. I tempi di scioglimento delle cd “riservate” debbono essere stringenti e predeterminati; tanto deve valere anche per l’emanazione delle sentenze.

L’impianto sin qui delineato dal PNRR evidenzia, tuttavia, una debolezza di visione strutturale. Nell’ambito della Magistratura, infatti, si suole dire che “l’amministrazione è servente alla Giurisdizione”, ed è di tutta evidenza, quindi, come il Piano – nella parte inerente gl’interventi sulla Giustizia - sia stato tratteggiato avendo come visuale la sola attività della giurisdizione.

In realtà, sebbene, con molteplici contraddizioni e gravi ritardi anche l’Amministrazione del Ministero della Giustizia ha, seppur lentamente, seguito le evoluzioni della Pubblica Amministrazione, andandosi comunque a delineare come produttrice di servizi per la cittadinanza, che sempre più soventemente non sono direttamente discendenti o strettamente connessi alla giurisdizione.

Pertanto, è il paradigma della visione della Giustizia che va cambiato per divenire: “l’Amministrazione deve essere servente al Cittadino”.

Adottata questa nuova e più ampia visuale, nella quale si considera il sistema giustizia nella sua interezza ( compresa l’esecuzione penale per adulti e minori egli Archivi notarili – le cui riscossioni di tributi sono tanto care all’Erario) quasi a cascata si riescono ad intravedere i punti critici sui quali intervenire: a fronte di una giurisdizione che comunque vede i suoi ranghi poco sguarniti in proporzione ai numeri assoluti di dotazione e che viene continuamente rinforzata dall’immissione in servizio di magistrati onorari, appare invece necessario potenziare il personale amministrativo.

E’ quest’ultimo, infatti, che quotidianamente deve rendere i servizi all’utenza ed è il personale amministrativo che, proprio nello sforzo di realizzare i servizi alla cittadinanza, dovrà nel concreto realizzare le riforme sin qui auspicate.

Non è pensabile che questo cambio di paradigma si possa sviluppare con una spaventosa carenza di organico (più di 14000 unità mancanti in tutto il Ministero della Giustizia) con dipendenti tra i più anziani nel panorama pubblico, con poca e punto cultura informatica, con dotazione digitale vecchia di oltre vent’anni ma che comunque è stato chiamato allo sforzo quasi impossibile di doversi adattare a tutti le innumerevoli “riforme” della giustizia, anche le più convolute!

Personale a cui, dobbiamo ricordarlo, per oltre trent’anni e sino ad oggi è stato negato il diritto alla carriera, non intesa come meccanismo automatico pure presente nei dipendenti di diritto pubblico, ma come opportunità per chi palesi spiccato senso di appartenenza e capacità di gestione di poter anche beneficiare di quanto profuso per la collettività, sia in termini di crescita economica che giuridica. Sul punto si voglia osservare quanto sarebbe di gran lunga peggiore e più grave la condizione di forte debolezza dell’intero settore giustizia del Paese, senza la spiccata dedizione dei lavoratori, i quali non solo non riescono ad ottenere riconoscimenti di alcun genere ma che vedono mortificate le loro aspirazioni anche quando sono fondate su atti normativi – come il Decreto del Ministro della Giustizia del 17.11.2017 ( il quale prevede una serie di attività in favore del personale in larga parte inattuate) - o su accordi contrattuali, come ad esempio quello sulla mobilità tuttora disatteso.

Senza quel cambio di visuale, nella Giustizia italiana continueremo a vivere le contraddizioni e limitazione sopra delineate. Sul punto valgano due esempi.

Il primo riguarda la mancata attuazione dell’art. 492 bis cpc sul rinvenimento dei beni del creditore. Alla risoluzione di tale problematica sono attentamente protese le impese proprio sullo scottante tema del recupero del credito, normazione inattuata perché ancora non è stato reso possibile ai dipendenti degli Uffici NEP l’accesso alle banche dati fiscali per rinvenire i dati patrimoniali della parte debitrice. Eppure su questa importante funzione per cittadini ed imprese il rapporto è diretto con l’utenza mentre la presenza della giurisdizione è residuale; sarà un caso, comunque la problematica in questione non trova soluzione dal 2014!

Altro esempio, la mancata attuazione della riforma dell’esecuzione penale introdotta pure nel 2014, avente chiaro intento deflattivo della condizione penitenziaria quando sono state estesi ai procedimenti di esecuzione penale degli adulti le prerogative del procedimento esecutivo penale minorile (in questo settore, infatti, a fronte di circa 18000 denunziati annui corrisponde una presenza media giornaliera di poco più di 140 detenuti presenti quotidianamente nelle strutture detentive minorili ed un fenomeno di recidiva estremamente contenuto). Uffici fondamentali per questi procedimenti sono i tribunali di Sorveglianza e quelli di Esecuzione Penale Esterna, entrambi drammaticamente sguarniti di personale, con richieste in attesa di essere evase nell’ordine delle migliaia e con procedimenti che spesso non necessitano della presenza del magistrato per la loro definizione.  

Appare necessario un ripensamento dell’intera costruzione della macchina della Giustizia: adottando il cambio di visuale auspicato, quindi, la prima circostanza che balza agli occhi è la persistenza nel Ministero della Giustizia di un’azione amministrativa oggettivamente la meno semplificata, la più formalista del panorama pubblico e la meno centrata sulla soddisfazione dei bisogni dell’utenza.

Sul punto appare necessario rammentare come il Ministero – entità amministrativa – sia governato sin dal 1907 da magistrati. Non è un caso, quindi che l’arretratezza nella cultura del lavoro si fondi sul rispetto meramente formale di norme e regole: nella quotidianità, infatti, le decisioni per l’erogazione dei servizi al cittadino assumono maggiormente le vesti e la sostanza di “sentenze” piuttosto che di decisioni operative vocate alla semplificazione, al raggiungimento degli obiettivi concreti ed alla soddisfazione delle necessità dei cittadini.

In sostanza nel pianeta giustizia, ad onta di una strabordante presenza di magistrati in funzione di dirigenti amministrativi, la carenza assoluta è rappresentata dalla quasi completa assenza di capacità manageriale di gestione, che pure contraddistingue, almeno in buona misura, le parti più avanzate della Pubblica Amministrazione del Paese.

La conseguenza di tutto quanto esposto, è che un altro punto determinante per far assumere un carattere più efficiente, proattivo, veloce e soddisfacente al servizio giustizia del paese, questo debba essere guidato da professionalità di tipo manageriale, sia dai vertici che sul territorio: la magistratura, che deve essere indipendente nell’esercizio della giurisdizione, non deve più avere il carico della funzione gestionale, dovendosi concentrare sul precipuo e fondamentale compito di soddisfare al meglio la domanda di giustizia che promana dai cittadini.

Senza questo cambio di visuale e conseguente azione, senza la valorizzazione del personale – questa oggi realizzabile a costo zero - non solo i servizi diretti alla cittadinanza del sistema giustizia continueranno a soffrire ma non decolleranno neppure quei cambiamenti organizzativi pure già presenti nell’ordinamento (es.: ufficio del processo), né si potrà dar luogo ai mutamenti sin qui delineati ed auspicati               

           Il Segretario Nazionale UILPA                                                        Il Coordinatore Generale       

                Andrea Bordini                                                                              Domenico Amoroso 

 

 

    La presente e-mail è stata trasmessa ai sensi del Codice penale art. 616 ed ai sensi del Dlgs 196/2003 artt. 7, 9 e 2