La recente circolare a firma del Capo Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria recante le “linee guida sulle misure di svolgimento dell’attività lavorativa per il personale dell’amministrazione giudiziaria al fine di attuare le misure di contenimento del contagio da covd-19”, in applicazione delle disposizioni governative sulla materia, si è posto l’obiettivo di “limitare, per quanto è possibile, la presenza fisica negli uffici centrali e territoriali, relativamente sia all’utenza esterna sia al personale magistratuale e amministrativo”. Per tale motivo il documento ha lasciato a capi degli uffici e dirigenti ampia libertà di manovra in tema di smart working e, più in generale, in tema di lavoro flessibile.

In particolare la circolare contiene:

  1. importanti chiarimenti in merito all’applicazione dello smart working improntati alla massima elasticità. Così il documento afferma che “non è previsto un numero fisso di giorni in cui il lavoratore può espletare la propria prestazione fuori dalla sede di lavoro”; “non è prevista una percentuale massima di unità di personale che potranno accedere alla modalità di lavoro agile”; “il lavoratore, dunque, deve collaborare lealmente con il datore nella individuazione delle attività di sua pertinenza delocalizzabili, che costituiranno l’oggetto della sua prestazione in modalità di lavoro agile, a partire dalla proposta di progetto contenuta nella propria istanza”; “non è astrattamente necessario che la prestazione lavorativa sia svolta con l’ausilio di dispositivi informatici”.
  2. la previsione di altre modalità di lavoro flessibile quali il telelavoro ed il coworking. La circolare precisa che il telelavoro è il telelavoro “si basa… su lunghi periodi continuativi fuori della sede di servizio, presso un’altra postazione specificamente individuata e fornita dal datore unitamente ad ogni necessaria strumentazione (salvo casi particolari in cui è ammessa la possibilità di utilizzare mezzi propri), e postula controlli e sopralluoghi” e che lo stesso si distingue dal lavoro agile (smart working) in quanto quest’ultimo “prevede che la prestazione lavorativa sia eseguita in parte presso la sede ordinaria di lavoro e in parte all’esterno, senza una postazione prestabilita, consente (o, come nel caso di specie, di fatto per lo più impone) l’utilizzo di dispositivi propri”. La circolare precisa che il coworking è una “modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in un unico ambiente fisico di dipendenti dell’Amministrazione della giustizia in servizio presso differenti uffici ed articolazioni; ad esempio, sussistendo spazi e dotazioni adeguati e con il consenso del Capo dell’Ufficio e del dirigente amministrativo dell’Ufficio ospitante, un dipendente in servizio presso il Tribunale di X potrà temporaneamente avere come sede di lavoro il Tribunale di Y”.
  3. il richiamo a forme di flessibilità oraria ossia orario flessibile, turnazioni, orario multiperiodale. Tale richiamo è fatto esplicitamente per indurre i dirigenti degli uffici ad “individuare le tipologie di lavoro flessibile ritenute più efficacemente applicabili in relazione all’organizzazione e ai flussi di lavoro presenti nelle proprie unità organizzative, al fine di contenere l’afflusso di personale e prevenire il contagio da Covid-19”.

Non è superfluo rammentare che il Ministero della Funzione Pubblica nella direttiva 2/2020 ha qualificato “il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa”.

Purtroppo la scrivente Organizzazione Sindacale deve riscontrare che la dirigenza degli uffici, in tantissimi casi, ha fatto orecchio da mercante. In alcuni uffici, in particolare requirenti, mentre i magistrati possono lavorare agevolmente da casa in sicurezza il personale amministrativo è stato obbligato a recarsi sul posto di lavoro come se non ci fosse alcuna emergenza sanitaria e come se l’adozione dello smart working (e della altre forme di lavoro flessibile), alla luce dei recenti provvedimenti governativi (da ultimo il DPCM 11 marzo 2020), non fosse un preciso obbligo di tutte pubbliche amministrazioni, ovvero è stato collocato in ferie d’ufficio in violazione della normativa contrattuale che configura l’istituto delle ferie come un diritto irrinunciabile del lavoratore previsto per il recupero delle energie psicofisiche spese. Si precisa sul punto che il CCNL prevede che le ferie residue siano fruite entro il trenta aprile e, solo per esigenze di servizio, entro il trenta giugno. Il CCNL però non consente a capi di ufficio e dirigenti di individuare i giorni in cui i lavoratori devono fruire delle ferie.

Tale comportamento della dirigenza degli uffici sta mettendo a rischio la salute dei lavoratori, specie dei lavoratori più svantaggiati ossia quelli affetti da patologie, quelli con figli e/o pendolari e si pone in netto contrasto con tutte le norme che, emanate a tutela della salute pubblica per difendere i cittadini dal Coronavirus, hanno imposto alle amministrazioni di limitare la presenza negli uffici al personale strettamente necessario per svolgere le attività urgenti e non delocalizzabili. Il ricorso allo smart working ed alle altre forme di lavoro flessibile, come dimostra l’esperienza del lavoro privato, rappresenta una evoluzione nel modo di lavorare che, attraverso la delocalizzazione dell’attiva lavorativa, mira a determinare un incremento della produttività e ben potrebbe costituire anche l’occasione per avviare la formazione da remoto dei dipendenti (cd formazione e-learning).

Tanto premesso, la scrivente Organizzazione Sindacale, anche al fine di evitare l’incardinarsi di un contenzioso lesivo dell’immagine della Giustizia, chiede il deciso intervento di codesta amministrazione centrale e la convocazione di un incontro in call conference per discutere dell’argomento. Inoltre la stessa chiede che i lavoratori, che vengono invitati dalla dirigenza a non prestare attività lavorativa in virtù di provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico, quali ad esempio quelli che dispongono la sanificazione degli ambienti di lavoro, sia mantenuta l’intera retribuzione in applicazione dell’art.19 comma 3 DL 9/2020 così come anche da più parti rivendicato e come da alcuni capi uffici pure già disposto.

Distinti saluti

 

Roma, 13 marzo 2020

 

Il Coordinatore Generale

Domenico Amoroso

 

La presente e-mail è stata trasmessa ai sensi del Codice penale art. 616 ed ai sensi del Dlgs 196/2003 artt. 7, 9 e 24