Facendo seguito alla nota trasmessa lo scorso 23 marzo, la scrivente organizzazione sindacale segnala, in particolare, la situazione di grave inadempienza della legislazione emergenziale che si è creata presso le strutture centrali e periferiche dell’amministrazione penitenziaria.
Anche presso tali uffici, ed in particolare in alcune regioni, difetta la preventiva individuazione delle attività indifferibili non delocalizzabili che bisogna assicurare tramite la costituzione di un presidio. Tale inadempienza ha determinato una duplice conseguenza: il personale è chiamato in massa a recarsi in sede per prestare la propria attività lavorativa e lo smart working rimane inapplicato ad onta del fatto che quest’ultimo è ope legis la modalità ordinaria di erogazione della prestazione lavorativa volta ad assicurare le attività non indifferibili. Tale comportamento oltre a porsi in contrato con la normativa vigente mette a rischio la salute dei lavoratori, delle loro famiglie, dell’utenza e, in particolare, dei detenuti.
Paradigmatica è la situazione dei funzionari della professionalità giuridico-pedagogica i quali continuano a svolgere in tantissimi casi le ordinarie attività lavorative di osservazione e trattamento attraverso colloqui all’interno dei reparti senza che siano adottate significative misure di protezione. Ed invero l’utilizzo di mascherine non idonee a proteggere dal contagio, specie in ambienti malsani e di ridotte dimensione, non può essere considerato nemmeno lontanamente una misura di protezione. Altro sarebbe limitare la presenza fisica negli istituti dei predetti funzionari solo per le attività indifferibili, anche in considerazione del fatto che le attività educative allo stato sono sospese, ed utilizzare per i colloqui la tecnologia, anche di uso comune (Skype), che consente la comunicazione in call conference.
Non migliore è la situazione del personale amministrativo, tecnico, informatico e contabile. Tale personale viene costretto a recarsi in ufficio quando in ossequio alla norma di legge dovrebbe operare da casa in smart working per le attività ordinarie. La presenza in ufficio, infatti, è prevista solo per il presidio e solo per le attività indifferibili non delocalizzabili. La ritrosia degli uffici ad attuare lo smart working sulla base di asserite difficoltà di carattere tecnico, quale in particolare il mancato possesso della Carta Elettronica dei Servizi (NB tale ultima difficoltà è addebitabile unicamente a negligenza dell’amministrazione), è destituita di ogni fondamento atteso che la legislazione emergenziale consente di realizzare il lavoro agile senza vincoli di forma e, addirittura, senza il ricorso a strumenti informatici.
In generale, oltre a contravvenire quanto statuito dall’attuale ordinamento, da ultimo proprio l’art.83 del D.L. 17/03/2020 n. 18, l’obbligo che viene imposto dalla dirigenza riottosa a recarsi fisicamente al lavoro presso le Case Circondariali o di Reclusione e presso i Provveditorati Regionali, induce molti colleghi a violare persino l’art1, co.1, let. B del DPCM 22.03.2020, laddove prescrive l’obbligo di non allontanarsi dal comune di residenza salvo per attendere attività lavorative essenziali.. La stessa norma, infatti, proprio per chiarire dubbi su quali fossero tali attività, rimanda esplicitamente al dettato della L. 146/90, le cui previsioni per il settore penitenziario riguardano la mera custodia dei detenuti, attività questa non rientrante nei compiti del Comparto Funzioni Centrali. Pertanto, l’atteggiamento assunto da parte della dirigenza penitenziaria costringerà molti colleghi a dove pure patire di possibili procedimenti giudiziari.
Tanto premesso la scrivente organizzazione sindacale, prendendo atto della situazione sopra descritta e della carente gestione dell’emergenza finora dimostrata, chiedono che codesta centrale amministrazione, per il tramite dei provveditori regionali, richiami i dirigenti delle articolazioni territoriali al pieno rispetto della normativa emergenziale al fine di assicurare le finalità che la stessa persegue: limitare al massimo la presenza in ufficio dei lavoratori al fine di tutelare la salute degli stessi, delle loro famiglie, della popolazione detenuta e, più in generale, della cittadinanza. Non secondaria è la necessità che siano sanificati gli ambienti di lavoro, in particolare quelli frequentati dai lavoratori successivamente risultati positivi al contagio da COVID-19. Inoltre, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria, occorre evitare disparità di trattamento tra lavoratori che, con enormi sacrifici personali, operano nel medesimo difficile contesto lavorativo quale è quello del carcere.
La scrivente organizzazione sindacale, ferme restando le iniziative che saranno adottate a livello territoriale, provvederanno a segnalare le violazioni della normativa che saranno poste in essere da ciascun dirigente-datore di lavoro pubblico affinchè, a cura di codesta amministrazione centrale ed in attuazione delle direttive della Funzione Pubblica, siano adottati i conseguenti provvedimenti anche eventualmente disciplinari a carico dei responsabili e siano ripristinate condizioni minime di sicurezza negli istituti a tutela della salute pubblica.
Distinti saluti
Il Segretario Nazionale UILPA Il Coordinatore Generale Uilpa Giustizia
Andrea BORDINI Domenico AMOROSO
Roma, 25 marzo 2020
La presente e-mail è stata trasmessa ai sensi del Codice penale art. 616 ed ai sensi del Dlgs 196/2003 artt. 7, 9 e 24